Solitamente, nel settore della musica elettronica (e dell’arte in generale), è consuetudine riservare determinati articoli o recensioni ad artisti “leggendari”, coloro che, tracciano un vero e proprio solco nella discografia dopo anni ed anni di onorata carriera. E’ stato così per mostri sacri come Dave Mancuso, Frankie Knuckles, etc.
In questa occasione però, l’intenzione è più (fatemi dire) intima. Utilizzo questo termine perché l’artista in questione era vicino a tutti noi, gente che negli anni ’90 esplodeva di energia nei dancefloor e aveva ancora voglia di sognare tra le note ed il ritmo.

Intima perché lui amava farci “viaggiare” con i suoi dischi, in maniera semplice, spontanea, dato che il suo talento nasceva da un dono di Dio. Intima perché se n’è andato troppo presto, troppo in fretta, quando ancora forse, aveva ancora molto da raccontarci.

Ma lui, ROBERT MILES (a.k.a. Roberto Milani, all’anagrafe Roberto Concina), purtroppo non poteva deciderlo da sé. Un male incurabile, tremendo e doloroso, ce lo ha portato via, a soli 48 anni. Si era stabilito ad Ibiza, ancora (per i più ) tempio della techno e della trance music. Esamineremo in queste righe i suoi esordi , la sua scalata, il suo stile, e soprattutto perché la sua dipartita ci lascia basiti.

Il sottoscritto ancora non si dà pace, lego ad un ricordo molto bello della mia breve carriera nei club proprio il successo che lo rese famoso in tutto il mondo, ovverosia “Children”, quando un sabato sera ,durante un evento in una nota discoteca siciliana, assistetti (dopo aver “lanciato” le prime, inconfondibili, note di quel disco) ad un canto collettivo da parte di 700 persone presenti in pista….e teniamo conto che “Children” durava più di 8 minuti.

Ma andiamo con ordine:

ROBERT MILES nasce in Svizzera da emigrati italiani Antonietta Lauro e Albino Concina che poi fanno ritorno in Italia stabilendosi nella piccola cittadina di Fagagna, in Friuli, nella quale Roberto inizia a suonare il pianoforte. All’età di 17 anni abbandona la scuola (dove si stava specializzando come tecnico elettronico) per dedicarsi alla musica. Grazie alle sue conoscenze acquisite durante gli studi crea una stazione radio amatoriale, debuttando allo stesso tempo come dj con il suo primo pseudonimo Roberto Milani. Dopo aver intrapreso la carriera di disc jockey presso alcuni club italiani si trasferisce prima a Londra, poi a Los Angeles, Berlino ed infine ad Ibiza. Scompare prematuramente all’età di 47 anni”.

Robert quindi assaggia il suo futuro già da ragazzo, intraprendendo un percorso che lo avrebbe poi portato in un sentiero pervaso da ritmi e melodie. A distanza di vent’anni, UdineToday scrive di lui:
“Circa vent’anni fa, mese più mese meno, fra Fagagna e Casasola di Majano, in una garage di quattro metri quadrati riadattato a studio, nasceva la favola di “Children” e del suo creatore, Roberto Concina, in arte Robert Miles. Il brano, scritto nel 1994 e riarrangiato l’anno seguente, uscì prima come singolo strumentale durante l’autunno del 1995, poi all’interno dell’album “DREAMLAND“, in pochi mesi divenne uno dei maggiori successi trance-dance (considerato poi il capostipite del sottogenere dream trance) a livello mondiale. Conquistò nel 1996 le prime posizioni nelle hit parade di mezzo globo: Italia, Stati Uniti, Australia, Belgio, Francia, Germania, Norvegia, Svizzera e ottimi piazzamenti nei paesi non citati. Un successo planetario che gli permise di vendere 5 milioni di copie solo con il singolo (14 milioni con Dreamland), ottenne dischi di platino e d’oro in varie nazioni e nel 1997 vinse (anno di uscita del suo secondo disco “23 A.M.”) un Brit Award (unico italiano a vincerlo) e un World Music Award.”

CURIOSITA’

Nel videoclip musicale di Children, diretto da Elizabeth Bailey, è possibile notare all’interno di un’automobile una bambina osservare al finestrino una strada, forse quello stesso tragitto, quelle stesse miglia (miles) che lo stesso Concina ha percorso per arrivare a realizzare quel brano. Fra le immagini, oltre a Parigi, si riconoscono difatti anche alcuni paesaggi della Svizzera, suo paese natale.

Sono passati grossomodo 20 anni, dunque, da quel brano entrato nella storia della dance anni ´90, assieme ad un altro suo pezzo icona, ovvero “Fable”, e Roberto, fra Londra, Los Angeles, Berlino ed Ibiza, ha continuato nel frattempo a scrivere colonne sonore, album (Organik, Organik Remixes, Miles Gurtu, Th1rt3en) e ad evolversi come compositore. Classe 1969, nato a Fleurier in Svizzera da emigrati friulani, dopo alcuni anni vissuti nel paese elvetico si trasferì giovanissimo con la famiglia in Friuli, a Fagagna, dove iniziò ad avvicinarsi al mondo della musica, prendendo le prime lezioni di pianoforte. La passione per la musica ed il giradischi era tale che a soli 17 anni decise di abbandonare la scuola e di dedicarsi interamente alla musica, alla radio e al mondo notturno delle discoteche con il suo primo pseudonimo “Dj Roberto Milani”. Questa vita di studio e lavoro notturno durò fino ai 25-26 anni, quando una sera, per vedere la reazione delle persone, decise di far ascoltare la sua nuova creazione, Children, all’interno di una sala da ballo.

Roberto nella sua biografia racconta:

“Ero ansioso di vedere come la gente avrebbe risposto al mio brano. Il dj che mi precedeva aveva da poco concluso il suo spazio con un pezzo molto pesante e io decisi di aprire con Children, rompendo completamente l’atmosfera preesistente con una brano melodico e dalla lunga introduzione. Mi sentivo spaventato ed emozionato. La gente davanti a me iniziò a fermarsi alla console e a fissarmi quasi infastidita. Sentii il sangue gelare e ricordo che abbassai gli occhi dalla paura. Quando poi la traccia arrivò al suo picco musicale, alzai lo sguardo e vidi un mare di mani protese in alto e un sorriso stampato su ogni volto. Una ragazza si avvicinò a me in lacrime. «Che musica è questa?», mi chiese. Non dimenticherò mai quel momento, ovvero quando capii che i miei sentimenti erano stati convogliati attraverso la mia musica. Il mio sogno si stava trasformando in realtà”.

Da queste parole, la musica proposta e prodotta da Roberto (preferiamo chiamarlo così, come uno di famiglia…) trascendeva l’idea stessa della dance (o , in modo più specifico, della trance-progressive, genere da lui espresso). E’ stato, a tutti gli effetti, colui che ha generato la “dream music”, fatta di ritmiche accelerate e pulsanti, tra i 128 ed i132 BPM, pregne d’atmosfere melodiche molto vicine alla trance stessa. Non potevamo aspettarci altro da lui, studioso di pianoforte e persona molto semplice (per sua stessa ammissione, non era incline alle interviste né allo star system ). Per descriverlo in modo leggermente più personale, riportiamo alcune dichiarazioni di personaggi del calibro di Mario “Get Far” Fargetta ed il suo principale mentore, Joe T.Vannelli:
“Sono stato il primo a suonare la tua Children a Radio Deejay. Non riesco ancora a crederci come uno di noi ci deve lasciare. Robert Miles R.I.P.” (Mario Fargetta).
“La tragica notizia della scomparsa di un grande talento e artista del nostro tempo, mi rende incredulo e sconvolto. Con lui se ne va anche una parte della mia vita di produttore ed artista. Mi mancheranno i litigi, le risse, le critiche, i giudizi ma sopratutto il tuo talento nel trovare suoni e melodie impareggiabili” (Joe T.Vannelli, suo produttore per l’album “Dreamland”).

 

 

Robert Miles ci lascia così, silenziosamente, stroncato da un male che non gli ha lasciato spazio. Un altro sogno della musica, che semina ancora ricordi indelebili nelle menti dei clubbers di metà anni ’90, era in cui la dance era strutturata e costruita ancora con molta anima, e successi come “Fable” e “One and One” avevano rimarcato una volta di più la voglia di Miles di ispirare atmosfere positive con il suo lavoro.

Qui di seguito, per capire meglio il suo punto di vista, alcune estrapolazioni d’interviste (sono perle rare, spero verranno lette con attenzione, vista la sua reticenza nel concedersi ai microfoni di chiunque) riportate sul web.
Riferendoci alla sua intervista rilasciata @ “GiudizioUniversale.It”:
Dario De Marco: “A che età hai iniziato a suonare il pianoforte? Prendevi lezioni di musica classica o altro? E quando hai iniziato a suonare per conto tuo?”

Robert Miles: “Ho iniziato a 13 anni, prendevo lezioni di musica classica principalmente. Dopo pochi anni ho lasciato gli studi classici per dedicarmi alla musica elettronica: il mio maestro all’epoca non fu molto felice della scelta. L’ho sentito proprio pochi mesi fà, dopo nessun contatto con lui per più o meno una quindicina d’anni, ed è stato simpatico sentirsi dire: “Eri l’alunno più difficile, ma avevo capito subito che avevi talento”. Effettivamente non ero una cima in teoria, non m’interessava, avevo voglia di fare musica, non solfeggio. Comunque grazie ai suoi insegnamenti riuscii a creare le mie prime composizioni.”

D.D.M.: “Più tardi, ma non molto, hai iniziato a fare il dj nella tua zona, il Friuli. A cavallo tra anni ’80 e ’90 stavano nascendo nuovi generi variamente nominati (underground, progressive, trance…). Tu che facevi? E quando invece eri a casa che musica ascoltavi?”

Robert Miles :”Iniziai a suonare come dj in alcuni club locali dove prendevo 30mila lire a serata: 7 ore di filato, da solo, senza interruzioni, e dovevo anche prendermi cura degli effetti luce mentre suonavo! La musica spaziava dal down tempo, al funky e disco anni ’70, per finire la serata, quando tutti avevano oltrepassato la soglia della sobrietà, con cose più tendenti al rock. Nello stesso periodo feci amicizia con un ragazzo che mi invitò, in varie sedute, ad ascoltare della musica a casa sua e feci conoscenza con la musica dei Pink Floyd, Robert Fripp e i King Crimson, Kluster, Stockhausen, Terry Riley, Can, Brian Eno, David Sylvian, Bill Laswell. Nel ’88 alcuni amici mi portarono, per la prima volta, ad una festa a Jesolo dove suonavano della musica che non avevo mai sentito prima, l’ acid-house. Mi ricordo che ne fui attratto immediatamente e che il giorno dopo andai a comprare una valigia di dischi, all’epoca solo in vinile, fra i quali Aphex Twin e 808 State. Iniziai ad ascoltarli ripetutamente giorno dopo giorno. Poco dopo arrivarono sulla scena elettronica i Future Sound of London, e mi “aprirono la mente”, in tutti i sensi. Iniziai a frequentare locali come il Movida e il Gilda di Jesolo e a lavorare in una radio privata locale dove mi era stato concesso di suonare ciò che volevo. Mi misi subito all’opera e iniziai a programmare musica elettronica tutto il giorno. In pochi mesi gli indici d’ascolto aumentarono e la radio si espanse anche in Veneto. Questa mossa mi permise di fare ascoltare le mie selezioni musicali, all’epoca principalmente techno e deep house, ai promoter dei locali più underground e, con l’aiuto di alcuni amici dj che già operavano in quei club, iniziai a suonare al Gilda di Jesolo, all’Area City di Venezia, al Gatto e la Volpe di Ferrara, all’Alter Ego di Verona e a molteplici after-hour in giro per il Nord Italia.”

D.D.M.: “Veniamo allo pseudonimo. Quando è che Roberto Concina diventa Robert Miles, e come mai? Sbaglio o c’è stato anche un passaggio intermedio per Roberto Milani?”

– Robert Miles: “Concina diventò Milani verso l’inizio degli anni ’90. Non mi ricordo di preciso perché scelsi Milani, forse perché era facile da ricordare. Produssi tre dischi sotto questo nome, dopodiché decisi di cambiare il nome da Milani a Miles perché alcuni altri dj italiani iniziarono a uscire sotto lo stesso nome. Contemporaneamente iniziai a ricevere recensioni positive in Inghilterra, Germania e in Belgio. Fù allora che pensai: “Non sarebbe male suonare a Londra o a Berlino nei locali che stanno facendo la storia della musica elettronica”, mi venne l’idea di usare Miles come nome d’arte. Mi piaceva il suono e il significato della parola, come per dire che avrei dovuto fare tanta strada per arrivare alla meta. Guardando indietro penso che fù una buona scelta in quanto molti, fuori dai nostri confini, pensavano che ero di origine inglese , come ben sappiamo, è molto più facile entrare a far parte della scena musicale anglosassone con un nome che suona inglese piuttosto che italiano, francese o tedesco.

D.D.M.: “Sei un cervello in fuga?”

– Robert Miles: “Effettivamente sì, sono “fuggito”. Poco dopo l’uscita di Children. Non appena ho visto che il singolo stava prendendo piede in Inghilterra, ho affittato un veicolo per trasportare il mio modesto studio e le mie poche cose personali, senza avere la più pallida idea di che cosa mi stava aspettando e praticamente nessuna conoscenza della lingua inglese, intrapresi la via di Londra con un’attitudine di speranza e ottimismo. Durante i primi anni di esperienza fatta in Italia mi accorsi subito che non sarei riuscito a vivere facendo musica per via dello stato di degrado e corruzione che regnava nell’industria musicale. Era difficile trovare persone affidabili e professionali: il più delle volte ti firmavano un progetto, ti davano come anticipo poche decine di migliaia di lire, più o meno l’equivalente di 200 euro di oggi, e non era mai possibile quantificare le vendite in quanto o non si facevano più sentire o sparivano dalla circolazione.”

D.D.M.: “Dall’ultimo album con una major (appena il secondo: 23AM del 1997) al primo autoprodotto (Organik) passano ben quattro anni di beghe legali e purgatorio discografico. Che facevi nel frattempo?”

– Robert Miles: “Prima mi spostai a Ibiza, nell’estate del ’99, dove composi Organik, poi a Los Angeles dove lavorai a vari progetti per colonne sonore e pubblicità: The Bourne Identity, City of Ghosts, Derrida, Gucci, Jaguar, Adidas, Playstation, ecc… Nel frattempo, alcuni legali di Milano mi aiutarono ad uscire dal contratto discografico al quale ero vincolato. Una volta riacquistata la libertà artistica, nel 2001, aprii la mia etichetta Salt Records ed una casa di edizioni (la Hardmonic Music) a Londra, e feci uscire Organik. Mi sento un cittadino del mondo, ma il cuore è senza nessun dubbio italiano. Sono nato in Svizzera, trasferito in Italia a 9 anni, poi a Londra a 26 e negli ultimi dieci anni ho vissuto fra Los Angeles, Berlino e Ibiza. Ho avuto la fortuna di viaggiare in quasi tutti i paesi del mondo e mi è difficile identificare dove mi sento più “a casa”. Forse proprio a Ibiza… è un’isola magica, molti la conoscono solo per le discoteche e la vita notturna, ma c’è molto di più da scoprire. E’ facile fare musica qui, sarà l’aria pulita e il cibo biologico?”
Come si puo’ notare, artista vero. Intenso, molto semplice, innamorato di ciò che faceva. Le sue basi erano ovviamente di un certo spessore, notiamo infatti la presenza di riferimenti musicali quali Brian Eno (produttore, compositore, e fonico conclamato da piu’ di 40 e passa anni) oppure Robert Fripp, il quale lo influenza proprio in questi ultimi anni:

da “BreakOut Magazine”

“Robert Miles è un felice connubio di tante cose rare, un musicista in costante progresso, impegnato a rivedere e aggiornare continuamente il suo sound, avventurandosi di territori inesplorati dai molti.
Dopo aver venduto quattordici milioni di copie in tutto il mondo, suonando praticamente ovunque e lavorando con un’imponente schiera di musicisti, Miles prosegue il suo ambizioso viaggio e con il nuovo album ‘Thirteen’, realizzato sulla sua label Salt Records. ‘Thirteen’ si presenta come un mix di influenze jazz e progressive, svelando il lato di Miles che più si avvicina all’improvvisazione e alle atmosfere cinematiche. Partendo dalla base del beat, Miles stratifica incessantemente svariati livelli di suono, esplorando i limiti remoti della musica elettronica. Un notevole balzo avanti, dunque, rispetto ai due acclamati album precedenti ‘Organik’ e ‘Miles Gurtu’, che non teme confronti con giganti del passato quali Vangelis, Pink Floyd e Aphrodite’s Child. Da segnalare anche gli special guest che hanno collaborato a creare questo straordinario blend di elettronica, alternative rock e blues: Robert Fripp (King Crimson), Dave Okumu (The Invisible), Mike Patto e John Thorne (Lamb)“.

La musica di Robert Miles era oltretutto una fotografia netta e distinta della realtà che stava attraversando. Non poteva essere altrimenti del resto, poiché ogni artista che si rispetti incarna dentro di sé aspetti del “suo” mondo, sia sociale che artistico. Vediamo quindi, una prospettiva di cosa ha rappresentato Roberto per chi, quegli anni, li ha vissuti sulla propria pelle:
tratto da “Robert Miles”.

 

 

 

 

Mirko Carera di SoundWall lo ricorda in questo modo:

Ricordiamo l’uomo che probabilmente ci ha unito tutti “Ricordo che non ho sentito direttamente, per la prima volta, “Children” dalle mie cuffie o dal mio stereo di casa, “Children” mi è arrivata per interposta persona in un intervallo alle scuole alberghiere che frequentavo, la solita ragazza un pò più piccolina dal fare esuberante, con gli orecchini a cerchio grossi ma non grossissimi, la classica fighetta adolescenziale da turbe giovanili che attirava tutta la scuola. Ricordo inoltre che mi colpì il giro di pianoforte, pulito morbido… non era un pianoforte da discoteca.. Ed ho scoperto Robert Miles. I primi secondi non erano quelli di un classico pezzo dance, mi sono avvicinato alla tipa che mi piaceva e che ascoltava da un Sony che gracchiava anche senza cuffie: “che cos’è questo?

Attenzione, io in quel momento ero poco più che un emarginato, non flirtavo con la dance, non ero un amico della cassettina, orgogliosamente ‘maglia da fan’ degli Arrested Development, ed in cuffia Coolio ( era l’anno di “Gangta’s Paradise”, forse Warren G). Erano i tempi delle dediche sulla Smemoranda, le Nike “ciccicottose” con il calzino piegato sotto la linguetta,..c’era chi osava vestiti Zac Style, si usciva il sabato sera ma non per andare a ballare, a ballare se andavi alle superiori (ripetente o meno), a Milano ci andavi la domenica pomeriggio. Si ballava all’Ipotesi in Piazza 24 maggio, allo Space, non ricordo se c’erano ancora Madame Claude e Le Cinema ma i posti dovevano essere quelli, posti che non frequentavo comunque anzi se potevo ne parlavo anche male. I ’90 erano più che mai anni classisti figli di una deriva paninara, un classismo non sociale ma di appartenenza. Se ascoltavi rap schifavi la Dj Parade e sputtanavi soldi da Wag, se ascoltavi metal ti rinchiudevi al Midnight a Milano, se eri “zarro” schifavi le prime due ipotesi e ballavi.
L’arrivo di ‘Children’ e di conseguenza di Robert Miles, ha cambiato molto sotto questo punto di vista, “Children” con il suo piano, la pausa, il crescendo è stato musicalmente parlando, a mia memoria, uno dei più grossi strumenti di aggregazione giovanile. Questo perché nel giro di poche settimane ,oltre a diventare un successo planetario, fù la canzone che tutti sentivano e quando dico tutti, credetemi intendo tutti. Tutti passarono almeno una volta sul DeejayTime che la trasmetteva a bomba. Il pezzo era in Tv, dappertutto, davvero dappertutto.
Ho sentito Robert Miles coverizzato in sala prove da un gruppo con cantante dai capelli ultra lunghi e maglietta dei Judas Priest, l’ho trovata nei Walkman di skaters dietro il Duomo (forse era Piazza Borromeo ma potrei sbagliarmi), ex compagni di rugby che non scendevano in campo prima di averla sentita in spogliatoio, writers incalliti ne parlavano prima di andare in Yard, un bombardamento continuo capace di abbattere gusti, presunzioni, supponenze musicali.

I tre minuti e quarantanove secondi di una canzone trance fuori dalle logiche dance di quel periodo, almeno a mio avviso, avevano messo tutti d’accordo… Le mani al cielo nel centro del pezzo erano ormai alla portata di tutti e diritto di tutti, e non importa se fu per lo spazio di una canzone e di un più o meno breve periodo. Amici che oggi con prole passano la domenica al centro commerciale per comprare l’ennesima raccolta di successi di Biagio Antonacci, oggi ricordano un pezzo della loro tarda adolescenza quel periodo (ormai malinconico) del “prima di farsi uomo” come un DJ per molti (e per loro) venuto dal nulla , li introdusse ai “BPM” ed alla musica dance, con il risultato logico e improrogabile di sentirsi un po’ più vecchi, e forse… un po’ più soli.”

Mancherai a tutti Roberto. Ci mancherà la tua spontaneità, la tua incredibile passione, la tua “anima da sognatore”. Sentiremo la mancanze della stella che ha fatto sognare a colpi di basso in onda quadra e piano milioni di persone in tutto il mondo.

Ma soprattutto, ci mancherà la tua energia! Addio, grande artista. I tuoi sogni, comunque, non ci lasceranno mai!

Con affetto, Dave Scott, e lo staff di Life Sentence.

(Interviste e media tratti da UdineToday, Soundwall, BreakOutMagazine)